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Grafologia – Siamo abituati a pensare alla scrittura come a una composizione più o meno varia di elementi. La A, che è fatta di due tratti obliqui e uno orizzontale al centro…forse una scala con un solo piolo. La C che potrebbe con un po’ di immaginazione apparire come uno spicchio di luna. La T che somiglia a una croce, se non fosse che le manca un piccolo pezzettino, e così via. Se però osserviamo la scrittura dal punto di vista della penna, come se improvvisamente fossimo dei piccoli Gulliver intenti a cavalcarne la sua punta, ci accorgeremmo che ciò che chiamiamo scrittura è una sequenza di complessi movimenti che lasciano la loro traccia tramite lo strumento grafico.
La grafologia osserva e studia questo movimento individuale tutto particolare che liberandosi nello spazio del foglio, attraverso la penna crea dei moti, delle espressioni che sono anche una sintesi simbolica descrittiva dell’aspetto non-verbale, comportamentale dell’individuo. Questa sintesi è rivelatrice di informazioni di cui l’attore primo è il cervello, contenitore attivo del vissuto unico e irripetibile di ciascuno.
Utilizzare la lente della grafologia per osservare l’attività grafica permette agli insegnanti e ai genitori di riflettere sulla genesi della scrittura. Ma non solo: permette di interrogarsi sulle modalità di apprendimento del suo movimento e della sua forma. Inoltre, permette di seguire e assieme creare delle buone prassi atte a sorreggere e assecondare il corretto sviluppo della motricità grafica, rendendo la scrittura una attività piacevole. Padroneggiare la penna significa dunque facilitare il successo scolastico degli allievi e riappropriarsi di un’arte capace da sé di dipingere il nostro più vero autoritratto.
Scritte, scarabocchi, disegni, blu, neri colorati: il piacere di scrivere inizia…ma vorrei dire continua… alla scuola Primaria, perché in realtà tutti i bambini hanno iniziato a scrivere molto prima. Chi non si ricorda degli scarabocchi con la pappa lasciati sul tavolino del seggiolone, o le impronte del corpo o delle mani sulla sabbia dei piccoli Picasso. Sì, perché lo scrivere, quello che si mette nero su bianco, comprende e riassume in sé anche quelle tappe evolutive: è assieme identità corporea, corpo in equilibrio, corpo in movimento, corpo in autonomia. Poi è convenzione: spazialità, inizio, termine, percorso. Infine è norma simbolica, è mediatore, è voce dei pensieri e memoria dei contenuti, è magia fatta di forme ferme sulla carta.
Per la scrittura sembra dunque valer la pena, come educatori e insegnanti, impegnarsi a lasciare il segno.
Chiara Biaggioni – Grafologa Consulente
338 – 75 38 985
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