La previdenza obbligatoria e complementare

Nel sistema previdenziale italiano possiamo identificare principalmente due pilastri:

il primo pilastro si riferisce alla previdenza obbligatoria, il secondo è costituito dalla previdenza complementare(sia collettiva che individuale).

Appunti

Il sistema previdenziale italiano, si compone di due pilastri:

  • previdenza obbligatoria, gestita dall'INPS
  • previdenza complementare, collettiva e individuale.

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Scopri  la previdenza integrativa nel video di Global Thinking Foundation - FamilyMI: La previdenza integrativa (privata)

 

La previdenza sociale obbligatoria

La previdenza obbligatoria, in Italia, è gestita essenzialmente dall’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) e da circa 50 enti previdenziali italiani pubblici o amministrazioni pubbliche che gestiscono le assicurazioni sociali pubbliche regolate da leggi di diritto pubblico.

Il sistema pensionistico pubblico è strutturato secondo il criterio della ripartizione: i contributi che i lavoratori e le aziende versano agli enti di previdenza vengono utilizzati per pagare le pensioni di coloro che hanno lasciato l’attività lavorativa; per far fronte al pagamento delle pensioni future, dunque, non è previsto alcun accumulo di riserve finanziarie. È evidente che in un sistema così organizzato, il flusso delle entrate (rappresentato dai contributi) deve essere in equilibrio con l’ammontare delle uscite (le pensioni pagate).

In passato, il calcolo delle pensioni veniva eseguito con metodo retributivo: la pensione corrispondeva a una percentuale dello stipendio del lavoratore: dipendeva dall’anzianità contributiva e dalle retribuzioni, in particolare quelle percepite nell’ultimo periodo della vita lavorativa, che tendenzialmente erano  le più favorevoli.

Nel 1995 si è passati al sistema contributivo: l’importo della pensione dipende dall’ammontare dei contributi versati dal lavoratore nell’arco della vita lavorativa.

La previdenza complementare

La previdenza complementare è il sistema di previdenza privata che consente di integrare la pensione obbligatoria (o pensione di base) con versamenti volontari. Si fonda su una molteplicità di forme pensionistiche (fondi pensione) che raccolgono il risparmio previdenziale degli iscritti e lo valorizzano attraverso i rendimenti ottenuti investendolo sui mercati finanziari.

Chiunque intenda costruirsi una pensione complementare, indipendentemente dall’attività svolta, può aderire a un fondo pensione. L’adesione alla previdenza complementare è libera e volontaria.

È possibile costruirsi una pensione complementare mediante l’adesione ad una delle forme pensionistiche complementari – fondi pensione negoziali (chiusi), fondi pensione aperti, piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP), fondi pensione preesistenti. I fondi pensione sono vigilati dalla COVIP, l’Autorità di vigilanza preposta al controllo del settore.

La previdenza complementare si basa sul regime della contribuzione definita, cioè l’importo della rendita integrativa è proporzionale alla somma accantonata per la pensione che dipende dall’importo dei contributi versati, dai rendimenti (al netto dei costi) ottenuti dall’investimento sui mercati finanziari dei contributi versati e dalla durata del periodo di versamento. La previdenza complementare è volontaria e a capitalizzazione individuale, cioè i versamenti eseguiti dal beneficiario confluiranno in conti individuali intestati al medesimo, al fine di essere investiti.

 Possono aderire alle forme pensionistiche complementari: 

  • lavoratori dipendenti privati e pubblici
  • lavoratori autonomi o liberi professionisti
  • lavoratori con contratti atipici (ad esempio lavoratori a progetto od occasionali, soci lavoratori di cooperative, ecc.)
  • soggetti fiscalmente a carico
  • tutti coloro che non svolgono un’attività lavorativa.

I Fondi pensione chiusi (o negoziali)

Il fondo pensionistico chiuso, detto anche negoziale, è un fondo di previdenza complementare a cui possono aderire solo determinate categorie di lavoratori (esempio i metalmeccanici, i notai, gli architetti). Esso deriva dall’accordo fra l’organizzazione sindacale e le singole aziende ed è istituito da Associazioni o fondazioni. Non tutti i lavoratori possono aderire al fondo pensione chiuso, perché il fondo prevede una modalità di adesione esclusivamente su base collettiva.

Esso prevede anche la possibilità di versamento di contributi effettuati direttamente dal datore di lavoro, oltre che al conferimento obbligatorio del proprio TFR. Il TFR può essere conferito per intero o nella percentuale minima fissata dal contratto collettivo di lavoro di riferimento.

In caso di cambio di status lavorativo, l’aderente al fondo chiuso di categoria può perdere i requisiti partecipativi e non può più contribuirvi.

I fondi pensione aperti

I fondi pensione aperti sono costituiti da patrimoni autonomi e separati dal resto delle masse gestite dell’intermediario che li gestisce. Chiunque può aderire ai fondi pensione aperti, anche senza appartenere a certe categorie di lavoratori.

Banche, Imprese assicurative, SIM (società di intermediazione mobiliare) o SGR (società di gestione del risparmio) possono istituire un fondo pensione aperto.

L’adesione a questa tipologia di fondo può avvenire sia in forma individuale sia in forma collettiva e si può decidere di aderire con o senza conferimento del TFR. Il risparmio versato è insequestrabile e impignorabile. In caso in caso di cambio di status lavorativo, l’aderente al fondo pensione aperto può continuare a proseguire a versare i contributi.

L’autorità di vigilanza sui fondi pensione è la COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione).

PIP, piani individuali previdenziali (o FIP, forme pensionistiche individuali)

I PIP, o Piani Individuali Previdenziali, sono stati introdotti dal decreto del 18 febbraio 2000 numero 47 e sono in vigore dal 1° gennaio 2001.

I Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP) sono forme pensionistiche complementari esclusivamente individuali rivolte a tutti coloro che, indipendentemente dalla propria situazione lavorativa, intendano costruirsi una rendita integrativa. Come i Fondi pensione aperti anche i PIP sono costituiti sotto forma di patrimoni separati e autonomi rispetto a quello dell’impresa di assicurazione che li istituisce e sono destinati esclusivamente al pagamento delle prestazioni agli iscritti.  

I PIP sono istituiti dalle imprese di assicurazione e sono realizzati mediante:

  • contratti assicurativi di ramo I – assicurazioni sulla vita - nei quali la rivalutazione della posizione individuale è collegata a una o più gestioni interne separate;
  • contratti assicurativi di ramo III - polizze di tipo unit linked - nei quali la rivalutazione della posizione individuale è collegata al valore delle quote di uno o più fondi interni detenuti dall’impresa di assicurazione oppure al valore delle quote di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio. 

Essi permettono l’adesione non solo ai lavoratori dipendenti (attraverso il TFR o in forma individuale), ma anche a lavoratori autonomi e a chi non ha alcun rapporto di lavoro in corso.

Si possono trovare anche delle forme miste in cui la rivalutazione della posizione individuale è collegata sia alle polizze appartenenti al ramo I sia a prodotti assicurativi di ramo III (Polizza Multiramo).

Prima di effettuare la scelta di investimento è importante che l’aderente stabilisca il livello di rischio che è disposto a sopportare, considerando anche altri fattori, quali le proprie condizioni economiche e finanziarie, la capacità contributiva attuale e futura, l’orizzonte temporale di partecipazione alla forma di previdenza complementare. Infine è importante controllare nel tempo le scelte effettuate al fine di modificarle qualora siano mutati i fattori che le hanno determinate.

Con il PIP, il diritto alla prestazione pensionistica viene acquisito nel momento in cui si può accede alla pensione pubblica.
Il PIP, alla scadenza, permette all’iscritto di scegliere, in base alle proprie esigenze, tra differenti tipi di rendita, ad esempio una rendita vitalizia (il compenso viene erogato in continuum), una rendita vitalizia reversibile (il compenso viene erogato al beneficiario o, in caso di morte di quest’ultimo, alla persona indicata sul contratto), o una rendita certa ed in seguito vitalizia (riscossione di una rendita, da parte del beneficiario o dalla persona da lui indicata, a prescindere dall’esistenza in vita: il profitto può essere erogato ad una terza persona, se indicata all’interno del contratto).

Vantaggi fiscali della previdenza complementare

Uno dei principali vantaggi derivanti dalla sottoscrizione di strumenti di previdenza integrativa consiste nella possibilità di beneficiare di agevolazioni fiscali tra cui la possibilità di detrarre dal reddito imponibile le quote versate annualmente, opportunità disponibile anche ai genitori che desiderano aprire e finanziare una posizione di previdenza integrativa intestata ai loro figli.

Aderendo alla previdenza complementare si beneficia di una tassazione favorevole per tutte le fasi di contribuzione, accumulo, e prestazioni

Per i lavoratori dipendenti, il regime favorevole si applica anche al TFR versato al fondo. I contributi volontari del lavoratore e (eventualmente) del datore di lavoro sono deducibili nel limite di 5.164,57 €, a prescindere dalle caratteristiche fiscali o lavorative dell’assicurato. Nel calcolo del limite, non si devono considerare le quote di TFR conferite al Fondo. Nei limiti sopra descritti, è possibile dedurre dal reddito imponibile anche i contributi versati a nome dei familiari fiscalmente a carico.

I rendimenti maturati dal fondo pensione sono soggetti all’imposta del 20%, più favorevole rispetto al 26% che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario. Sulla quota del rendimento che deriva dal possesso di titoli di Stato e titoli similari, la tassazione è fissata al 12,5%.

Infine, sull’importo della prestazione, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta (rendimenti, contributi non dedotti) e delle anticipazioni erogate e non reintegrate si applica l’aliquota del 15%, ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione al Fondo con un limite massimo di 6 punti percentuali di riduzione. Con 35 anni di partecipazione l’aliquota scende quindi al 9%.

Rivalutazione della rendita: è assoggettata alla fonte all’imposta sostitutiva del 26%.