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L'analisi logica del complemento oggetto

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

L’analisi logica del complemento oggetto è un argomento fondamentale nello studio della grammatica italiana e richiede un’attenta comprensione delle strutture linguistiche e delle loro funzioni all’interno della frase. In questo articolo, ci dedicheremo a esplorare in modo approfondito come identificare e analizzare il complemento oggetto, una componente chiave che risponde alla domanda “chi?” o “che cosa?” posta rispetto all’azione del verbo.

Partiremo esaminando la definizione e le caratteristiche fondamentali del complemento oggetto, illustrando come si distingue dagli altri elementi della frase. Poi, attraverso esempi pratici e dettagliati, mostreremo come individuare il complemento oggetto in diverse tipologie di frasi, sia semplici sia complesse.

Pronti? Cominciamo!

Il complemento diretto

Che cos’è il complemento diretto? Scopriamolo con qualche esempio:

  • Marco scrive… che cosa? Una lettera.
  • L’insegnante interroga… chi? Gli alunni.

I sintagmi che rispondono a queste due domande svolgono all’interno della frase la funzione di complemento oggetto.

Questo complemento è chiamato anche diretto perché indica la cosa, l’animale o la persona su cui cade direttamente l’azione compiuta dal soggetto. Come vedi negli esempi, infatti, tra il verbo e il complemento oggetto non c’è nessuna preposizione.

Nella frase “Ho incontrato degli amici”, quindi, “degli” non è una preposizione articolata, ma un articolo partitivo coordinato con il nome “amici” insieme al quale forma il complemento diretto.

Verbi transitivi e intransitivi

Non tutti i verbi possono reggere un complemento oggetto. I verbi si distinguono infatti in:

  • transitivi, che esprimono un’azione che “transita” direttamente dal soggetto all’oggetto (il complemento diretto). Esempio: “Marco scrive una lettera”;
  • intransitivi, che indicano un’azione che si esaurisce sul soggetto che la compie. Esempio: “Marco sbadiglia”: l’azione di sbadigliare riguarda soltanto il soggetto e non incide su nessun’altra cosa o persona.

Come “sbadigliare”, anche “essere” è un verbo intransitivo e non può mai reggere un complemento oggetto.

I verbi transitivi, tuttavia, non sempre vogliono dopo di sé il complemento oggetto:

  • “Giorgia canta una canzone”: in questo caso il verbo cantare è transitivo perché regge il complemento diretto “una canzone”;
  • “Giorgia canta nel coro”: qui invece il verbo cantare è usato con valenza intransitiva e non ha bisogno del complemento oggetto che lo segue.

Forma attiva e passiva

Ti ricordi la differenza tra la forma attiva e la forma passiva di un verbo?

Riprendiamo l’esempio “Marco scrive una lettera”: in questa frase il soggetto compie l’azione e dunque il verbo è di forma (o diatesi) attiva.

Se invece diciamo “La lettera è scritta da Marco” il significato è lo stesso, ma abbiamo trasformato la frase al passivo. “La lettera” non è più il complemento oggetto su cui ricade l’azione di scrivere compiuta da Marco, ma è diventata il soggetto della nuova proposizione. Si tratta però di un soggetto che non compie nessuna azione, anzi la subisce, e quindi il verbo è passivo.

I verbi transitivi hanno sia la forma attiva che quella passiva, gli intransitivi invece hanno soltanto la diatesi attiva. Perciò è impossibile trasformare al passivo una frase come “Marco sbadiglia” perché il verbo è intransitivo.

Forma riflessiva

Ti ricordi i verbi riflessivi? Sono quelli che fanno ricadere l’azione sul soggetto che la compie.

Esempio:

  • Roberta si guarda allo specchio (= Roberta guarda se stessa allo specchio = Roberta guarda Roberta allo specchio).

Come vedi, il complemento oggetto, che finisce per coincidere con il soggetto, è espresso tramite le particelle pronominali riflessive mi, ti, ci, vi e si (che vale sia per la terza persona singolare sia per quella plurale).

Attento, però: ci sono casi in cui la forma riflessiva è solo apparente e identificare il complemento oggetto è un po’ più complicato.

Esempio:

  • Giovanna si pettina i capelli. In questa frase il complemento oggetto è costituito dal sintagma “i capelli”, mentre il si significa “a se stessa”.