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Come si classificano i nomi: tutte le tipologie

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

I nomi sono una delle componenti fondamentali del linguaggio. Nella lingua italiana, come in molte altre lingue, i nomi rappresentano persone, luoghi, cose, idee o concetti. Funzionano come etichette linguistiche che ci permettono di identificare e categorizzare il mondo che ci circonda.

La classificazione dei nomi è utile perché in italiano, ad esempio, i nomi vengono divisi in base al genere (maschile o femminile) e al numero (singolare o plurale). Queste distinzioni sono fondamentali perché influenzano la concordanza con altri elementi della frase, come articoli e aggettivi. La classificazione aiuta anche a fornire un ordine e una struttura alle parole, facilitando la comunicazione e la comprensione.

I nomi sono i pilastri delle nostre frasi: danno sostanza ai discorsi, aiutano a creare immagini mentali e rendono possibile la descrizione e la narrazione. Senza i nomi, il nostro linguaggio sarebbe privo di specificità e chiarezza, rendendo difficile, se non impossibile, comunicare concetti complessi o raccontare storie.

In questa lezione, analizzeremo a fondo la classificazione dei nomi, vedremo le diverse categorie in cui possono essere suddivisi e illustrando le caratteristiche peculiari di ciascuna. Approfondiremo le regole di formazione dei nomi, comprese le varianti di genere e numero, e illustreremo come i nomi possano svolgere ruoli diversi all’interno delle frasi.

Il nome

I nomi, noti anche come sostantivi, costituiscono una delle categorie fondamentali della grammatica italiana. Essi sono elementi imprescindibili per costruire frasi significative e comunicare in modo chiaro ed efficace.

In italiano, i nomi possono rappresentare persone, luoghi, oggetti, idee e concetti astratti.

È vero, sono “solo” parole, ma senza di esse la comunicazione sarebbe impossibile. È proprio grazie ad essi che riusciamo a indicare persone, animali o cose: possiamo farlo in modo generico, usando i nomi comuni, o specifico, distinguendo un esemplare ben preciso da tutti gli altri della stessa specie grazie al suo nome proprio.

Nomi comuni e propri di persona, di animale e di cosa

I nomi ci permettono di definire la realtà che ci circonda. Si distinguono in tre grandi categorie in base al referente: possono infatti essere nomi di persona (attore, scrittrice), di animale (pesce, farfalla) o di cosa (città, diario).

Non è questa però l’unica distinzione tra i vari tipi di nomi: anche Giulia e Lorenzo, infatti, sono nomi di persona, ma non hanno le stesse caratteristiche di attore e scrittrice. Qual è la differenza? Giulia e Lorenzo sono nomi propri, riferiti cioè a individui particolari. Lo stesso vale per Nemo e Dory, nomi propri di animale, e per Roma e Rinascimento, nomi propri di cosa. Tutti questi nomi, come vedi, vanno scritti con l’iniziale maiuscola.

I nomi comuni, invece, si scrivono con la minuscola e indicano genericamente una categoria di persone, animali o cose.

Attore, per esempio, è un nome comune perché indica tutte le persone che svolgono questa professione; Johnny Depp e Maryl Streep, invece, sono nomi propri di persona perché si riferiscono a quel preciso attore e a quella precisa attrice, non a tutta la categoria degli attori.

Nomi per antonomasia

Alcuni nomi propri di personaggi mitologici o storici, famosi per una particolare caratteristica, si sono trasformati in nomi comuni. Ecco qualche esempio.

Dire a un giovane che è un adone significa esprimere apprezzamento per la sua bellezza, dal nome proprio di Adone, figura mitologica che con il suo fascino riuscì a conquistare persino Venere. Proprio il nome della dea della bellezza, d’altro canto, può essere usato come nome comune per riferirsi a una donna molto attraente.

Ma non saranno troppi questi complimenti? Non ti preoccupare, ci sono anche nomi meno affettuosi!

Cerbero si dice di chi è rigido e severo dal nome del mitologico cane a tre teste guardiano del regno dei morti. E che dire di giuda, usato per descrivere una persona falsa e bugiarda dal nome dell’apostolo traditore?

Pensa che persino il sandwich che stai per addentare deve il suo nome a un politico inglese del ‘700, Lord Sandwich, che durante le partite di carte era solito fare uno spuntino senza interrompere il gioco!

E l’elenco potrebbe continuare: cicerone, mecenate, perpetua, babele… Sono tutti casi di antonomasia, una figura retorica che consiste nel chiamare una persona o una cosa con un nome proprio divenuto simbolo di una certa qualità.

Nomi concreti e astratti

I nomi possono essere sia concreti sia astratti.

I nomi concreti indicano persone, animali o cose che possiamo vedere e toccare con mano, come il libro, il gelato e la pentola.

Felicità, intelligenza e sensibilità sono invece esempi di nomi astratti che esprimono concetti che non si possono percepire con i cinque sensi.

Ci sono però dei casi in cui la distinzione è meno netta e può suscitare qualche dubbio: si tratta di nomi come paura, dolore, corsa o di parole come celebrità e scultura (che possono essere concrete o astratte a seconda del contesto): la scelta fra le due categorie, quindi, può diventare un’impresa ardua e non sempre di grande utilità.

La struttura del nome

Vediamo la differenza tra nomi primitivi e derivati, composti e alterati.

I nomi primitivi combinandosi con prefissi, suffissi o altre parole danno origine ai nomi derivati, alterati e composti.

I nomi primitivi combinandosi con prefissi, suffissi o altre parole danno origine ai nomi derivati, alterati e composti.

I nomi primitivi

I nomi primitivi sono nomi che non derivano da nessun’altra parola e sono formati soltanto da:

  • radice invariabile (morfema lessicale che contiene il significato del nome);
  • desinenza variabile (morfema grammaticale che stabilisce genere e numero del nome).

Qualche esempio? Mare (mar-e), sale, latte, acqua, pane, libro e tantissimi altri ancora.

Ricordati che sono proprio i nomi primitivi a servire da “base” per la formazione degli altri nomi, che avviene attraverso i processi di derivazione, alterazione e composizione.

I nomi derivati

I nomi derivati sono quelli che derivano da un altro nome, cioè si formano a partire dalle radici dei nomi primitivi con l’aggiunta di prefissi o suffissi che ne modificano il significato.

Il prefisso è un elemento che si aggiunge all’inizio della parola (per esempio in- nel nome insalata che deriva da sale).

Il suffisso invece “si attacca” in fondo alla radice (per esempio -aio in libraio che deriva da libro).

Esempi: indipendenza, minigonna, slealtà, marinaio, latteria, acquario, panettiere…

Ora che hai capito come funziona divertiti a rintracciare le parentele tra i nomi, individuando per ogni derivato il “capofamiglia” primitivo. Per aiutarti nella ricerca, stampa la scheda a lato con i principali prefissi e suffissi dell’italiano. Scarica il pdf qui:

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I nomi alterati

Cosa sono i nomi alterati?

In italiano esistono dei suffissi che ti permettono di modificare il nome primitivo aggiungendogli delle caratteristiche specifiche: in alcuni casi si tratta di una qualità dell’oggetto, ad esempio la grandezza (diminutivi e accrescitivi), in altri di un giudizio espresso su di esso (vezzeggiativi e dispregiativi).

È così che si formano i cosiddetti nomi alterati, che possono essere:

  • diminutivi: si formano prendendo la radice del nome primitivo che si vuole modificare e aggiungendo un suffisso del tipo -ino, -ello, -etto, -icino, -icello e -icciolo (manina, gambette, piedino…);
  • accrescitivi: si formano aggiungendo alla radice del nome primitivo un suffisso come -one, -otto, -ozzo, -accione o -acchione (regalone, gambotte, omaccione…). Attenzione però! L’accrescitivo dei nomi femminili in alcuni casi è maschile (testa – testone, palla – pallone, porta -portone…);
  • vezzeggiativi: danno al nome di partenza una connotazione affettiva e si ottengono aggiungendo alla radice suffissi come -etto, -uccio, -uzzo, -ino e -acchiotto (casetta, boccuccia, orsacchiotto…);
  • dispregiativi o peggiorativi: esprimono un giudizio negativo sull’oggetto di cui si sta parlando e si formano utilizzando i suffissi -accio, -astro, -onzolo, -ucolo, -ercolo e -iciattolo (filmaccio, giovinastro, vermiciattolo…).

Falsi alterati

Calzone, torrone e bottone, mulino, banchina e ramino: cosa hanno di speciale tutte queste parole? Potrebbero sembrare dei nomi alterati, i primi accrescitivi, gli altri diminutivi, e invece sono nomi primitivi.

Sono i cosiddetti falsi alterati, ma niente paura!

C’è un modo semplice per evitare di commettere errori: ogni volta che trovi una parola che sembra contenere i suffissi -one e -ino prova a chiederti da quale nome primitivo potrebbe derivare. L’alterazione, infatti, non cambia mai il significato della parola base nella sua essenza, ma si limita a modificarlo conferendogli sfumature di carattere soggettivo. Scoprirai così che il calzone non è una grande calza, il torrone non è una grande torre e il bottone non è una grande botte; lo stesso vale per il mulino che non è un piccolo mulo, come pure per banchina e ramino che non hanno nulla a che vedere con banca e ramo.

Tutto chiaro? Vedrai che con un pizzico di attenzione in più e un po’ di allenamento i falsi alterati non riusciranno a ingannarti!

I nomi composti

I nomi composti sono quelli formati dall’unione di due o più parole dotate di un proprio significato.

Possono essere composti da:

  • nome + nome (capostazione, pescespada, cassapanca);
  • nome + aggettivo (cassaforte, girotondo, terracotta);
  • aggettivo + nome (mezzaluna, altopiano, bossorilievo);
  • verbo + nome (lavastoviglie, asciugamano, portafoglio);
  • aggettivo + aggettivo (pianoforte, chiaroscuro, sordomuto);
  • verbo + verbo (saliscendi, dormiveglia, giravolta);
  • verbo + avverbio (buttafuori, malvivente, benpensante);
  • preposizione + nome (doposcuola, fuoricorso, sottoscala).

Nella formazione del plurale i nomi composti si comportano in modo un po’ particolare, seguendo regole diverse a seconda del tipo di parole da cui sono formati e (purtroppo!) con molte eccezioni. Studia la scheda a lato per saperne di più. Scarica il pdf qui:

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Derivazione, alterazione e composizione: come si formano le parole?

La lingua è un organismo in continuo sviluppo che si arricchisce continuamente di parole nuove formate, grazie a particolari meccanismi di trasformazione, a partire da parole base. Ma quali sono questi meccanismi?

  • La derivazione, che avviene per mezzo di prefissi e suffissi.
  • L’alterazione, un particolare tipo di derivazione tramite suffissi che non modifica il significato essenziale della parola base.
  • La composizione, che può avvenire tra parole già esistenti o con i cosiddetti prefissoidi e suffissoidi provenienti dal greco o dal latino (autonomia, claustrofobia, democrazia, ortografia…)

Genere e numero del nome

I nomi si distinguono in maschili e femminili a seconda del genere e in singolari o plurali a seconda del numero. Scopri come riconoscerli individuandone radice e desinenza.

Il nome è una parte variabile del discorso, caratterizzata da un genere e da un numero. È la desinenza, cioè la parte finale della parola, quella che devi osservare per ricavare queste informazioni grammaticali, mentre la radice, la parte invariabile, contiene il significato base del nome.

Scopri come avviene il passaggio dal maschile al femminile. Anche i nomi invariabili e quelli promiscui hanno le loro regole e puoi sempre contare sull’articolo per capire il genere di un nome.

Maschile e femminile nel nome

Ragazzo/ragazza, gatto/gatta: come vedi, nei nomi di persona e di animale il genere grammaticale coincide con quello naturale.

La situazione si complica con i nomi di cosa: in questo caso, infatti, è solo una convenzione a stabilire il genere grammaticale. Lago, quartiere e panorama sono maschili e come vedi non tutti finiscono per -o. Musica, luce ed eco sono invece femminili e anche in questo caso la terminazione non aiuta.

Esistono però delle regole per il passaggio dal maschile al femminile nei cosiddetti nomi mobili: nella maggior parte dei casi basta cambiare la desinenza o aggiungere un diverso suffisso e il gioco è fatto! Scopri come nella tabella.

Generi con radici diverse

Maschio e femmina, uomo e donna, marito e moglie, padre e madre, fratello e sorella, genero e nuora, celibe e nubile e, tra i nomi di animale, toro e mucca, ariete e pecora, maiale e scrofa, cavallo e giumenta, fuco e ape.

Cosa sono tutti questi esempi? Sono nomi che hanno radici completamente diverse e indipendenti per il maschile e per il femminile.

Nomi di genere comune

L’insegnante di italiano è molto sensibile alle esigenze della classe.

Cosa c’è di “strano” in questa frase? C’è che leggendola non si può sapere se l’insegnante di cui si parla è un uomo o una donna.

Insegnante, infatti, è un nome di genere comune, che rimane cioè invariato al maschile e al femminile. Lo stesso vale per artista, cantante, nipote, preside e molti altri.

Di solito è l’articolo a farti capire il genere del nome, oppure l’aggettivo che lo accompagna: nella frase di esempio, però, nessuno di questi due elementi ti aiuta e sarà solo il contesto a dirti se si tratta di un insegnante maschio o di un’insegnante femmina.

Nomi di genere promiscuo

La volpe è un esemplare maschio o femmina? E il delfino?

Alcuni nomi di animale indicano con un solo genere grammaticale, femminile come volpe o maschile come delfino, gli esemplari di entrambi i sessi.

Sono i cosiddetti nomi di genere promiscuo e per distinguere il maschio dalla femmina bisogna aggiungere di volta in volta la specificazione necessaria (la volpe maschio, la femmina del delfino…).

Casi particolari di maschile e femminile

Alcuni nomi, come re e gallo, formano il femminile aggiungendo al maschile il sufffisso diminutivo: regina e gallina. D’altro canto anche il maschile in alcuni casi si forma aggiungendo al femminile il suffisso accrescitivo come per strega, stregone e capra, caprone.

Ma che dire di nomi come dio, dea, abate, badessa e cane, cagna? In questi casi non ci sono regole e trucchetti da ricordare per il passaggio da un genere all’altro, ti tocca studiarli!

Singolare e plurale del nome

I nomi si distinguono in singolari e plurali in base al numero:

  • sono singolari quando indicano un solo referente;
  • sono plurali quando indicano più persone, animali o cose.

Anche in questo caso è la desinenza a cambiare nel passaggio dal singolare al plurale. Scopri come osservando gli esempi che trovi nella scheda da stampare. Scarica il pdf qui:

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Tralasciando le eccezioni, noterai che la trasformazione non è casuale, ma segue delle regole che possiamo riassumere così:

  • -o > -i
  • -co > – chi/-ci
  • -go > -ghi/-gi
  • -io > -ii/-i
  • -e > -i
  • -a > -i/-e
  • -ca> -chi/-che
  • -ga > -ghi/-ghe
  • -cia > -cie/-ce
  • -gia > -gie/-ge
  • -scia > -sce

Nomi invariabili

Sono invariabili i nomi che hanno la stessa forma al singolare e al plurale: per distinguere di che numero si tratta, in questo caso, dovrai usare l’articolo o gli aggettivi concordati con il nome. Ecco le principali categorie di nomi invariabili:

  • monosillabi: re, gru;
  • tronchi: caffè, città;
  • femminili in -o: biro, sdraio. Eccezione: mano-mani;
  • femminili in -ie: serie, specie. Eccezioni: moglie-mogli, superficie-superfici;
  • alcuni maschili in -a: cinema, gorilla;
  • che finiscono in -i: brindisi, crisi.

Nomi difettivi e sovrabbondanti

Si chiamano difettivi i nomi che difettano, cioè mancano, del singolare o del plurale. Se vuoi sapere qual è l’unico dei due numeri che hanno puoi farti aiutare dal latino e chiamarli rispettivamente:

  • pluralia tantum se si usano ‘soltanto al plurale’ come i dintorni, i posteri, i viveri, le nozze, le ferie, le tenebre…
  • singularia tantum se invece si usano ‘solo al singolare’, come l’equatore, l’ossigeno, il pepe, la varicella, la superbia…. In alcuni casi, invece, il plurale esiste ma ha un significato particolare rispetto al singolare, come nelle espressioni i ferri del mestiere o darsi delle arie.

Dai nomi che non hanno il plurale a quelli che ne hanno addirittura due! Sono i cosiddetti nomi sovrabbondanti, nomi maschili in -o che oltre al plurale in -i, hanno anche un plurale femminile in -a. Spesso i due plurali assumono un significato diverso: uno ha valore figurato, mentre l’altro è usato in senso proprio. Studia gli esempi nella tabella.

I nomi stranieri

Come si comportano i nomi di origine straniera nei confronti del genere e del numero?

Per quanto riguarda il genere, il nome straniero di solito conserva quello della lingua d’origine, laddove esiste una distinzione chiara tra maschile e femminile (la maison, il matador); in caso contrario, tende ad assumere quello della corrispondente parola italiana (lo show, la hall).

Quanto al numero, i nomi stranieri ormai entrati da tempo nella nostra lingua quotidiana rimangono invariati al plurale: ricordati quindi di scrivere i film, le fiction, i computer, le mail senza mai aggiungere la -s finale!

Nomi individuali e collettivi

Tutti i nomi che hai incontrato finora sono individuali: questo significa che al singolare si riferiscono a una sola persona, un solo animale o una sola cosa. Sono nomi come soldato, lupo e nave.

Cosa fare, invece, per indicare un gruppo di persone, animali o cose? Certo, si può usare il plurale, ma esistono dei nomi che anche al singolare indicano un insieme di più elementi: sono i cosiddetti nomi collettivi, come esercito, branco e flotta.

I nomi collettivi al singolare indicano un gruppo di cose o individui, mentre al plurale si riferiscono a più gruppi. Perciò quando dici ape fai riferimento a un solo esemplare, se dici sciame indichi un insieme di api e se utilizzi il plurale sciami stai pensando a diversi gruppi di api.

La mappa mentale del nome

Quali sono le caratteristiche del nome da indicare nell’analisi grammaticale? Per non dimenticare nulla usa la mappa mentale, con tutte le parole chiave che riguardano il nome.

Ti ricordi tutte le caratteristiche del nome? La differenza tra nomi comuni e propri, di persona, di animale e di cosa?

Nell’analisi grammaticale devi indicare anche se si tratta di un nome individuale o collettivo e se è primitivo, derivato, composto o alterato; i nomi alterati si distinguono in diminutivi, accrescitivi, vezzeggiativi e dispregiativi.

Infine puoi distinguere i nomi concreti dai nomi astratti.

Se vuoi stampare la mappa, scarica il pdf qui:

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