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La plastica: come funziona il riciclo dei rifiuti

Terry Costanzo

Terry Costanzo

DOCENTE DI SCIENZE

Nata a Prato nel 1975, ha frequentato il liceo linguistico Carlo Livi di Prato perché grande amante delle lingue, passione che le è rimasta anche se in quinta liceo è stata folgorata dalla chimica. È quindi approdata all'Università di Farmacia a Firenze Rifredi, corso di laurea Chimica e Tecnologia Farmaceutica(CTF). Dopo anni di grande sacrificio ed impegno, terminati gli stud, è arrivata a Milano ed ha lavorato presso un’ azienda chimica occupandosi di ricerca clinica con il ruolo di CRA. Si è occupata di sperimentazioni cliniche e ha imparato tantissime cose sulla ricerca e sul mondo farmaceutico in genere. Collabora da ormai 9 anni con l'Istituto Montini, che le dà la possibilità di entrare in contatto con i giovani e di tenersi sempre aggiornata.

La plastica fu una scoperta rivoluzionaria e si rivelò indispensabile, ma solo dopo decenni di utilizzo ci si rese conto che smaltirla era un problema. Non essendo biodegradabile, il suo impatto sull’ambiente è enorme.

Il riciclo della plastica rappresenta una delle sfide più significative ma anche una delle opportunità più promettenti per la gestione dei rifiuti e della sostenibilità ambientale. Pian piano l’incenerimento e il riciclaggio sono entrati a far parte dei piani di smaltimento rifiuti dei comuni di paesi e città, ma questo ancora non basta.

In un mondo dove la produzione e il consumo di materiali plastici hanno raggiunto livelli senza precedenti, comprendere il processo di riciclo dei rifiuti è importantissimo per mitigare l’impatto ambientale e promuovere un’economia circolare.

Quali sono i tipi di plastica riciclabili

Non tutte le materie plastiche sono riciclabili ma, soprattutto, non tutti gli oggetti che vengono creati con la plastica vengono riciclati.

Noi però continuiamo a fare del nostro meglio e ci impegniamo nelle nostre abitazioni a separare i singoli rifiuti. Spesso i contenitori che abbiamo in casa presentano dei simboli utilizzati per distinguere le diverse plastiche.

Vediamo nella tabella quali sono le loro caratteristiche.

Il riciclo della plastica

L’Italia è tra i primi paesi europei per impegno nel riciclaggio della plastica. Purtroppo, solo il 60% circa della plastica raccolta viene riciclata, il resto finisce nelle discariche e nei termovalorizzatori per produrre energia.

Nel dicembre 2015 la Commissione Europea ha adottato un piano d’azione dell’UE per l’economia circolare, in cui ha individuato la plastica come priorità chiave e si è impegnata a elaborare “una strategia per affrontare le sfide poste dalle materie plastiche in tutte le fasi della catena del valore e tenere conto del loro intero ciclo di vita”.

Nel 2017 essa ha confermato la sua intenzione di concentrarsi sulla produzione e l’uso della plastica e di adoperarsi verso il conseguimento dell’obiettivo della riciclabilità di tutti gli imballaggi di plastica entro il 2030.

In tempi più recenti sono state sintetizzate bioplastiche biodegradabili che hanno un impatto meno inquinante sull’ambiente, ma la Comunità Europea si è imposta di eliminare del tutto la plastica monouso come soluzione principale.

L’ambiente più colpito dai rifiuti plastici è quello marino. Ogni anno vengono gettati in mare milioni di tonnellate di plastica che si frammentano in microplastiche che entrano a far parte della catena alimentare di fitoplancton e pesci che vengono poi ingeriti anche dall’uomo.

Lo smaltimento della plastica

In Italia la raccolta differenziata dei rifiuti viene gestita singolarmente dai comuni. Gli imballaggi in plastica post consumo vengono conferiti presso i centri di selezione sparsi sul territorio nazionale.

Le fasi principali di smaltimento in questi centri sono:

  • VAGLIATURA: il materiale viene introdotto in un cilindro rotante forato che permette l’eliminazione degli scarti fini inferiori a 50 mm;
  • ASPIRAZIONE di sacchetti che vengono separati dai contenitori per liquidi che sono più pesanti;
  • SELEZIONE per POLIMERO ovvero per tipologia di plastica (il PET viene diviso anche per colore) in cui viene diviso il PET da HDPE;
  • COMPRESSIONE e IMBALLAGGIO del materiale selezionato;
  • VENDITA del materiale selezionato alle ditte specializzate nel riciclo.

Il riciclo del PET

Il materiale che viene maggiormente riciclato è il PET (Polietilentereftalato) e le sue fasi di riciclo possono venire sintetizzate nel seguente modo:

  • PRELAVAGGIO delle bottiglie in acqua calda a 90° in un sistema rotatorio per eliminare residui di sporco e etichette;
  • CONTROLLO QUALITATIVO tramite detentori ottici per scartare PVC residuo e metal detector per scartare le lattine;
  • MACINATURA in due momenti distinti: prima macinatura in acqua calda con lame che riducono le bottiglie in scaglie di 20 mm. In seguito la scaglie si puliscono sfregandosi tra loro e vengono lavate un’ultima volta;
  • CENTRIFUGA: per rimuovere l’acqua utilizzata per i lavaggi;
  • ASCIUGATURA: in un essiccatore con conseguente nuova macinatura per ridurre ancora le scaglie di PET;
  • DEPOLVERIZZAZIONE: consente di eliminare residui di polvere tramite aspirazione dall’alto;
  • LABORATORIO CHIMICO dove il PET viene controllato per verificare la qualità del materiale in uscita dall’impianto.

Fasi del riciclaggio

Altre plastiche che vengono riciclate sono HDPE (Polietilene ad alta densità), PE (Polietilene) e PP (polipropilene) che subiscono processi simili nonostante vengano fatti in stabilimenti diversi.

Possiamo sintetizzare i loro processi di riciclaggio nel seguente modo:

  • TRITURAZIONE dei frammenti che vengono emessi nel lavaggio tramite nastro trasportatore;
  • LAVAGGIO con acqua calda dove vengono ripuliti dai residui di sporco;
  • ASCIUGATURA tramite centrifuga e conseguente stoccaggio;
  • DENSIFICAZIONE: avviene nel densificatore dove una pala crea movimento rotatorio del materiale che si rapprende per sfregamento;
  • ESTRUSIONE in cui il materiale viene scaldato fino al punto di fusione e viene spinto in uno stampo che forma lunghi fili poi tagliati da una lama;
  • LABORATORIO CHIMICO per i granuli di HDPE per verificarne la conformità che in seguito vengono insaccati e stoccati in apposite aree in attesa di essere inviati alle imprese utilizzatrici.

Nonostante ci siano convenzioni per incentivare le imprese al riciclo, e nonostante i cittadini italiani siano sempre più impegnati nella raccolta differenziata, l’unico rimedio per ridurre l’inquinamento ambientale sembra comunque rimanere la riduzione dell’utilizzo della plastica.

Ma come possiamo rinunciare alla comodità dell’usa e getta e all’igiene dei prodotti plastici e delle loro superfici lisce e lavabili?

Non solo plastica: gli eco-prodotti

Se proprio ci risultasse impossibile la riduzione dell’utilizzo della plastica, almeno potremmo impegnarci nella ricerca di nuovi prodotti plastici ecologici e meno inquinanti.

La bioplastica può derivare da materie prime rinnovabili (ad esempio l’amido di mais) oppure può essere biodegradabile.

Maurice Lemoigne, ricercatore francese, nel 1926 scoprì degli enzimi batterici che in particolari condizioni di basse concentrazioni di sostanze nutritive e alta concentrazione di carbonio bloccavano la sintesi proteica, producendo un biopolimero con struttura simile ai ricavati del petrolio.

Quando poi si scoprì il polidrossialcanoato (PHA), una bioplastica dura e malleabile ma con le caratteristiche del policarbonato (PC), vennero creati numerosi oggetti della vita quotidiana. Questa plastica è biodegradabile al 100% in quanto viene digerita dai batteri presenti in acqua.

Le alternative al petrolio

Vediamo i principali polimeri biodegradabili e le loro proprietà:

  • Polimeri da amido: scarse proprietà meccaniche. Bassa resistenza ad utilizzi prolungati.
  • Acido polilattico (PLA): buone proprietà meccaniche, bassa resistenza all’urto. Rigidezza, resistenza all’urto ed elasticità simili a quelli del PET.
  • Poliidrossi alcanoati (PHA): buone proprietà termiche e insolubile in acqua.

Sono numerose le start up in cerca di finanziamenti che permettano di attivare i loro progetti di creazione di nuove bioplastiche a partire da base vegetale, come canapa e miscanto, o da scarti alimentari, come bucce di frutta e verdura, oppure dal latte.

Le alternative al petrolio sono molte, dobbiamo solo aspettare di vederle affermarsi sul mercato.