Intervista a Emma Castelnuovo per il mese delle STEM 24 ott 2016

Emma Castelnuovo

Per il MESE DELLE STEM(Science, Technology, Engineering e Mathematics) ecco una nuova intervista (oggi a Emma Castelnuovo) per “Le studentesse vogliono contare”, una speciale rubrica che offre alle studentesse una serie di interviste a donne di successo con un variegato rapporto con le materie STEM a scuola, nel lavoro e nel quotidiano. 

Ecco l’intervista a Emma Castelnuovo (1913-2014).

Emma Castelnuovo è stata un’insegnante e matematica italiana che ha rivoluzionato completamente il modo di insegnare la materia. Quinta figlia del celebre Guido Castelnuovo e nipote di Federico Enriques, due dei più importanti matematici del ‘900. In quanto ebrea negli anni della guerra fu costretta ad affrontare la legislazione razziale, sfuggendo ad una retata nel 1943. Negli anni successivi alla guerra Emma insegnò e continuò a svolgere attività di ricerca sulla didattica della matematica, con collaborazioni italiane ed estere. La sua fama internazionale si consolidò soprattutto nei Paesi di lingua spagnola come la Spagna e l’America del Sud.

 Sentiamo cosa ci racconta Emma Castelnuovo nella sua intervista:

  • Qual era la tua materia preferita quando andavi a scuola?

    “Fisica. Era una materia in cui andavo molto bene. In matematica invece ero sempre andata male. Ho avuto per gli otto anni di scuola secondaria un insegnamento formale e ripetitivo”.

  • Quale università e facoltà hai frequentato?

    “Nel 1932 mi sono iscritta all’Università di Roma, alla facoltà di matematica e fisica. La mia idea era quella di passare a fisica l’anno successivo. È successo il contrario: sono passata a matematica. Mi sono laureata nel 1936 con una tesi sulla geometria algebrica”.

  • Chi ti ha ispirato e guidato nella tua carriera?

    “Nominare una singola persona sarebbe ingiusto. Molte persone nel corso della mia vita sono state guida e fonte d’ispirazione. Mio padre e mio zio per primi, due matematici incredibili. È proprio mio zio Federigo Enriques che mi ha spinta a modificare radicalmente il mio modo di insegnare la matematica, in particolare la geometria”.

  • Quanto hanno contribuito le tue conoscenze logico-matematiche nella tua carriera?

    “Molto. Sono state fondamentali per perseguire il mio obiettivo, quello di cercare di evitare che la matematica fosse un’arma selettiva sul piano sociale, esaltando l’intuizione di tutti i miei allievi. Non volevo che la matematica venisse da loro considerata antipatica”.

  • Una frase che non sopporti?

    “Quando qualcuno dice: “questo concetto va spiegato così”. Si è sempre pensato che la matematica fosse il punto di partenza e che bisognasse insegnarla a tutti nello stesso modo, rispettandole le sue caratteristiche. Per me invece tutto parte dallo studente. Bisogna cercare di capire quale matematica possa essergli più utile per la sua crescita cognitiva, comportamentale e sociale”.

  • Una frase che ripeti spesso?

    “La geometria è l’arte di ragionare bene su un disegno fatto male. È una frase che diceva sempre mio zio”.

  • Oggi la paura più grande dei giovani è non riuscire a realizzarsi. Qual è il tuo consiglio?

    “Quello di cercare la propria autonomia di pensiero, sviluppando un buon senso critico e lasciando spazio alla propria intuizione. Questo è particolarmente utile al giorno d’oggi, in un periodo storico in cui la vita, sempre più complicata, rischia di essere vissuta con un atteggiamento troppo passivo”.

  • Cos’è il successo per te?

    “Riuscire ad animare la naturale curiosità dei giovani, accompagnandoli alla scoperta delle verità matematiche e trasmettendo l’idea di averlo fatto per sé stessi. Il vero successo per me sarebbe quello di far capire ai ragazzi che lo studio è fatto per sé stessi, per costruire la propria personalità e il proprio futuro”.

  • Cosa consiglieresti ad un insegnante?

    “Consiglierei di motivare i ragazzi e avere la capacità di cambiare “percorso” quando la classe lo richiede. Bisogna suscitare interesse e discussioni. Accettare ogni genere di domande e soprattutto avere l’onestà di dire “non lo so” alle domande a cui non si sa rispondere. Questo è fondamentale, indipendentemente da ciò che si insegna. Ogni professore deve mettersi sempre al livello dei propri allievi, senza aver paura di mostrare le difficoltà che anche lui incontra”.

Grazie Emma!