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Per il mese delle STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics) proviamo ad immaginare una intervista a Rita Levi Montalcini. Un nuovo appuntamento con “Le studentesse vogliono contare”. Questa speciale rubrica si propone di offrire alle studentesse una serie di interviste a donne di successo, esempi di leadership femminile e del variegato rapporto con le materie STEM a scuola, nel lavoro e nel quotidiano.
Oggi abbiamo il piacere di intervistare Rita Levi Montalcini.
Rita Levi Montalcini (1909-2012) è stata una neurologa italiana. Nominata senatrice a vita per i suoi meriti scientifici e sociali, le sue scoperte sul sistema nervoso le hanno permesso di ricevere nel 1986 il Premio Nobel per la medicina. Molto attiva nelle campagne di interesse sociale, nel 1992 ha costituito insieme alla sorella, sotto il motto “futuro ai giovani”, la Fondazione Levi Montalcini. È stata la prima donna ad essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze.
Quale liceo hai frequentato?
“Io e le mie sorelle abbiamo frequentato il liceo femminile, una scuola finalizzata alla formazione di future donne di casa. Dopo il diploma tuttavia, nonostante mio padre non fosse d’accordo, ottenni da privatista la maturità classica necessaria per potermi iscrivere alla facoltà di medicina”.
Qual era la tua materia preferita al liceo?
“Sono sempre stata attratta dalla filosofia, anche se credo che le mie materie preferite le abbia studiate all’università”.
Quale università hai frequentato e perché?
“Dopo la morte della mia amata governante per un brutto cancro mi resi conto che la mia vera vocazione non era la filosofia ma curare chi stava male, così decisi di iscrivermi alla facoltà di medicina dell’Università di Torino. Mi laureai con lode nel 1936”.
Se potessi tornare indietro nel tempo chi vorresti conoscere?
“Le mie tre eroine: Gaspara Stampa, Vittoria Colonna e Saffo”.
Chi ti ha ispirato e guidato nella tua carriera?
“Giuseppe Levi, al tempo direttore dell’Istituto di Anatomia, è stata la persona che più ha inciso nella mia vita. Lo conobbi il secondo anno di università. Lo stimavo tantissimo, non tanto per il tipo di ricerca che faceva (non ho mai amato l’istologia) quanto per la sua personalità. Era un antifascista di alta moralità”.
Una frase che non sopporti?
“Non sopporto gli schiamazzi femministi. Noi donne i diritti li abbiamo, dobbiamo solo impegnarci nel difenderli”.
Una frase che ripeti spesso?
“Io non sono il corpo: io sono la mente”.
Sei una persona religiosa?
“Assolutamente no, laica al cento per cento. Ho il massimo rispetto per tutti e credo che ognuno abbia il diritto di scegliere liberamente ciò in cui credere. Sono nata in una famiglia ebrea non praticante e mio padre mi ha insegnato ad essere una libera pensatrice”.
Quanto hanno contribuito le tue conoscenze logico-matematiche nella tua carriera?
“Non credo siano state determinanti. Mi sono sempre definita come una donna dall’intelligenza più che mediocre. I miei unici meriti sono stati impegno e ottimismo. Più che la conoscenza credo che le qualità fondamentali di un ricercatore debbano essere l’impegno, l’entusiasmo e l’intuito, soprattutto di andare contro corrente. E poi tanta, tanta fortuna!”.
Cosa fare per scoraggiare il fenomeno degli stereotipi di genere?
“Sono cresciuta in una famiglia rispettosa dell’ordinaria distinzione dei ruoli. Mio padre riteneva che per una donna la carriera professionale non fosse compatibile con il ruolo di moglie e madre. A vent’anni gli dissi che non avevo la minima intenzione di avere né un marito né figli, che mi lasciasse fare quello che volevo. Non mi piacciono le chiacchiere sulle sofferenze delle donne, preferisco le donne che agiscono invece di lamentarsi. Noi donne siamo diverse dagli uomini, è una realtà. Dobbiamo smettere di confrontarci con loro e vederli come modelli. Penso che nel futuro il ruolo della donna sarà decisivo, ma dobbiamo crederci”.
Oggi la paura più grande dei giovani è non riuscire a realizzarsi. Qual è il tuo consiglio?
“Consigliare i giovani non è mai facile. Quello che posso dire è che, secondo la mia esperienza, la realizzazione personale risiede nel totale disinteresse per sé stessi e nel completo interesse verso gli altri. Evitare il potere, mettere passione e perseveranza in tutto ciò che si fa ed essere sempre ottimisti. Questi sono i consigli che mi sento di dare”.
Cos’è il successo per te?
“Essere stata la prima donna italiana, e spero non l’ultima, ad aver ricevuto il Premio Nobel in una disciplina scientifica è stato per me un grande successo. Tuttavia sono state le scoperte scientifiche ad aver inciso maggiormente nella mia vita. Quelle sono i miei veri successi”.
Grazie Rita!
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