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Questa intervista è contenuta nel libro “Le ragazze con il pallino per la matematica“.
Quale Liceo hai scelto?
Ho scelto un Liceo Sperimentale che anticipava, già nei primi anni ’80, la riforma. Era un liceo molto particolare perché, nonostante io abbia seguito il canale scientifico, prevedeva lo studio del greco e del latino con la stessa intensità del classico, lezioni di ascolto della musica e due lingue straniere. Inoltre, per l’esame di maturità insieme alle materie ministeriali era necessario discutere anche una tesina multidisciplinare. La feci sulla relazione tra cervello e coscienza, all’epoca ero affascinata delle neuroscienze.
Quale era la tua materia preferita al Liceo?
La matematica, perché avevo un insegnante bravissimo che affrontava gran parte del programma con l’insiemistica, e la fisica per motivi che non erano collegati all’insegnamento ma ad un mio interesse alla fisica nucleare. Il mondo dell’infinitamente piccolo è una realtà che continua ad affascinarmi anche oggi, quando sento i racconti di quello che si riuscirà a fare con le nanotecnologie non vedo l’ora di essere già nel futuro.
Quale Università hai frequentato e perché?
Ho frequentato la facoltà di Economia e Commercio presso l’Università “La Sapienza” di Roma, solo perché volevo essere sicura di trovare un lavoro dopo la laurea e – in quel momento – non pensavo di potermi permettere di studiare tutti gli anni che servono per diventare una neurobiologa. Direi che non mi sono pentita. A parte qualche materia un po’ più noiosa, ho trovato la logica economica molto affascinante. Poi il caso ha voluto che continuassi a studiare in giro per il mondo, ed ho iniziato a viaggiare tra Svizzera, Stati Uniti e Italia. Grazie a generose borse di studio ho potuto conseguire un dottorato ed apprezzare il lavoro di ricerca, dedicandomi a materie prevalentemente collegate alla finanza.
Se potessi tornare indietro nel tempo, chi vorresti conoscere?
Ho avuto la fortuna di conoscere diversi premi Nobel dell’economia e tantissimi validi ricercatori meno noti. In generale, mi sono resa conto che quello che mi interessa è la capacità creativa delle persone e questa non è direttamente proporzionale alla fama. Se dovessi tornare indietro nel tempo forse mi sarebbe piaciuto conoscere Marie Curie: sono attratta dalla ricerca di laboratorio e dall’ambiente scientifico culturale dell’epoca.
Chi ti ha ispirato e guidato nella tua carriera?
Non ho modelli di riferimento, purtroppo. Ho usato “purtroppo” perché penso che averli semplifichi la vita. Io tendo a non creare miti, ognuno è quello che è con punti di forza e debolezza. La strada la trovi da sola, quello che è importante è avere un obiettivo, possibilmente importante non solo per te.
Una frase che non sopporti?
Mi danno molto fastidio le persone che di fronte ad un ostacolo o alla necessità di affrontare un cambiamento iniziano con la frase “ non si può fare”. A me piace pensare che “se po’ fa’” come dicono a Roma.
Una frase che ripeti spesso?
Sono due le frasi che ripeto spesso a me stessa quando sono in difficoltà: “non mollare” e “tutto passa”, anche il dolore.
Quanto hanno contribuito le tue conoscenze logico – matematiche nella tua carriera?
Non saprei. Penso che per il lavoro che svolgo in banca abbia contato più la logica che la matematica, se quest’ultima è intesa come abilità nel risolvere equazioni differenziali di secondo grado. A me, comunque, la matematica piace moltissimo e per la mia attività di ricerca, essendo un’economista empirica, conta e ha contato molto.
Cosa fare per scoraggiare il fenomeno degli stereotipi di genere?
Non è semplice perché si tratta di stereotipi diffusi e personalmente trovo che ci sia una sorta d’involuzione. Le adolescenti spesso si fanno irretire da modelli, proposti anche attraverso i social, che non le spingono certo a migliorarsi ma semmai a rispondere alle esigenze e ai bisogni di altri. Bisognerebbe insegnare alle ragazze a farsi valere, come dicono gli inglesi “stand up for yourself”, a farsi sentire perché possono cambiare il mondo partendo dal loro modo di affrontare la vita.
Oggi fra i giovani la paura più grande è non riuscire a realizzarsi. Qual è il tuo consiglio?
Capisco ma non condivido l’atteggiamento. Penso che parte di questa paura sia da attribuire ai genitori, che considerano i figli dei miracoli e non li aiutano a crescere autonomamente. Bisogna mettere le cose nella giusta prospettiva: oggi non è peggio di ieri. In Italia, gli anni ’70 e ’80 erano gli “anni di piombo”, si viveva una forte crisi economica e le famiglie faticavano a quadrare i conti. Le opportunità ora sono maggiori, bisogna solo guardarsi intorno e capire bene cosa si vuole fare. Individuare i propri talenti, seguirli con passione e avere un obiettivo chiaro aiuta a trovare più facilmente il proprio posto nel mondo. Quasi nessuno ha seguito una strada lineare e sbagliare fa parte del gioco.
Cos’è il successo per te?
Condividere il mio percorso di vita con persone che mi piacciono e fare un lavoro ben retribuito che mi obblighi a imparare tutti i giorni qualcosa di nuovo ed interessante.
Grazie Giovanna!
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