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Oggi è un gran giorno, abbiamo la possibilità di intervistare Roberto Bonzi, grande amico di Redooc con cui condividiamo un grande progetto: “Gauss Party!”, la collana di racconti quasi matematici”. Roberto è l’autore di Remigio (ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la matematica), il secondo libro della collana, e si descrive così:
“Sono nato nel 1978 a Nuvolento, nel profondo Nord. Da subito ho immaginato storie, girato film e raccontato avventure per chiunque si trovasse nei paraggi. A sei anni ho scoperto che si poteva scrivere e non sono più riuscito a smettere. Adoro i racconti. Non importa che siano fatti di parole, disegni, formule o numeri. Mi piacciono gli autori che hanno qualcosa da dire, a patto che lascino l’incombenza ai loro personaggi. Anche per questo la mia bio è così breve. La storia di Remigio la conosco da una vita. Prima o poi bisognava proprio raccontarla.”
Vorrei dirgli che aveva ragione: quella di svolgere un passaggio alla volta era la regola giusta anche nella vita.
Ieri sera, quando ho cucinato il risotto alle mele, noci e gorgonzola. La ricetta era per quattro e noi eravamo in tre. Per fortuna esistono le proporzioni.
Avevo sei anni ed ero al mare con i miei genitori. Un giorno il nostro vicino di ombrellone alzò lo sguardo dalle parole crociate e mi disse: “Lo sai che il contare non finisce mai?”. In effetti non ci avevo mai pensato. E più ci pensavo, più mi sembrava incredibile. Altro che castelli di sabbia! Il primo contatto con il concetto di infinito non si scorda mai.
La matematica mi fa arrabbiare molto spesso. L’ultima volta è stata stamattina. Leggevo un articolo di economia con tante statistiche e previsioni, numeri di cui tutti parlano ma che nessuno prende davvero sul serio. La matematica mi fa arrabbiare quando è sotto i nostri occhi ma non ci fa cambiare punto di vista.
Qualsiasi cosa accada, fate sempre un passo alla volta. Uno ad uno, senza abbattervi e senza montarvi la testa. Solo così si arriva lontano.
Remigio doveva essere il mio nome. Mio padre lo adorava. Non smetterò mai di ringraziare mia madre per avergli fatto cambiare idea. Ma se mi fossi davvero chiamato Remigio? La mia vita sarebbe cambiata? E come? Sembrerà assurdo ma è proprio da queste domande che è nata l’idea del romanzo. Mentre immaginavo il protagonista, mi sono accorto che nella mia testa lo chiamavo Remigio. Alla fine mi è sembrato giusto dargli proprio questo nome.
È un periodo di trasformazione. Si fanno i passi più importanti della vita senza mai sapere dove si mettono i piedi. Ma è come trovarsi in una camera oscura: se non ti dai per vinto, un giorno avrai una splendida fotografia.
A volte può essere un grande mistero, sia per chi la studia, sia per chi la insegna. Il segreto è non fermarsi alle apparenze. Se si ha la pazienza di scavare un po’, la matematica può rivelarsi un tesoro, di quelli che portiamo con noi per tutta la vita.
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