L’esigenza di un modello atomico nuovo
Le ricerche condotte a fine Ottocento sull’elettricità avevano rivelato l’esistenza di “atomi di elettricità” chiamati, dal fisico irlandese George J. Stoney, elettroni. Questa scoperta rese prioritaria la definizione di un modello atomico che collocasse gli elettroni nella materia.
Fu il fisico e matematico inglese John J. Thomson a proporre il primo modello atomico del Novecento che comprendesse gli elettroni da lui chiamati “corpuscoli”. In realtà, già Lord Kelvin aveva ipotizzato, in uno dei suoi tanti studi, una struttura atomica continua, cioè “piena”, senza però includervi le cariche. Dato che la materia era evidentemente neutra, la carica degli elettroni doveva essere bilanciata da una carica positiva; inoltre, la massa degli elettroni è molto piccola, quindi la carica positiva doveva determinare la maggior parte della massa atomica. Thomson propose un modello di atomo continuo formato da un “sfera” di carica positiva che conteneva corpuscoli carichi negativamente, gli elettroni; questi erano disseminati nel volume positivo, come “l’uvetta nel panettone”, da cui deriva il soprannome di “modello a panettone”. Dai calcoli del fisico inglese, perché la carica dell’atomo risultasse neutra, gli elettroni dovevano muoversi di moto approssimativamente circolare nella sfera di carica positiva.