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Dario Fo: vita e opere del drammaturgo

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Nella lezione che segue, approfondiremo la figura di Dario Fo, celebre artista teatrale, drammaturgo e attivista italiano. Vedremo gli eventi che hanno caratterizzato la sua vita e le sue opere principali, scopriremo come Fo abbia lasciato un’impronta indelebile nella scena culturale e politica del suo tempo.

Esamineremo i tratti distintivi del suo stile unico e il suo approccio innovativo alla narrazione teatrale. Attraverso un’analisi delle sue opere più rappresentative, del loro significato e del contesto in cui sono state concepite.

La vita di Dario Fo

Dario Fo nacque in provincia di Varese, in Lombardia, nel 1926 da un’umile famiglia. Sin da giovane ha dimostrato un talento eccezionale per l’arte, studiando pittura e frequentando l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, per poi iscriversi alla facoltà di Architettura del Politecnico, che abbandonò senza conseguire la laurea. Infatti è nel campo del teatro che ha raggiunto l’apice della sua fama.

Il suo estro artistico, manifestato già dalla scelta accademica, lo porta a muovere i primi passi nell’ambito teatrale, sperimentando la tecnica dell’improvvisazione: una volta salito sul palco, inventa storie sul momento con una forte vena satirica.

Fo iniziò la sua carriera come attore e autore teatrale negli anni ’50, ma è negli anni ’70 che ha consolidato il suo stile unico, caratterizzato da una commistione di comicità, critica sociale e impegno politico. La sua opera più celebre, “Mistero Buffo“, è un esempio lampante di questo approccio innovativo, in cui unisce elementi di teatro popolare, satira e rilevanza sociale.

Ancora 26enne cominciò le prime collaborazioni con la Rai, scrivendo e recitando testi per una trasmissione radiofonica. I monologhi realizzati in questa occasione saranno successivamente portati anche in scena, a teatro, e finirono sotto il mirino della censura, trattandosi di veri e propri spettacoli di satira politica e sociale.

In seguito, assieme a sua moglie Franca Rame, fondò una compagnia teatrale: Compagnia Dario Fo-Franca Rame; lui nelle vesti di regista e drammaturgo, lei nel ruolo di prima attrice e amministratrice. Continuò ad alternarsi tra produzioni per il teatro e contenuti per la televisione. La forte censura limitò il suo estro nella seconda, portandolo a propendere per un abbandono della tv in favore del teatro.

Nel 1997 Fo fu insignito del Premio Nobel, con questa motivazione: “seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”. Si spense a Milano nel 2016, a 90 anni, per una crisi respiratoria.

L’innovazione teatrale di Dario Fo: tra comicità e impegno sociale

L’approccio teatrale di Dario Fo si distingue per la sua straordinaria innovazione, che fonde sapientemente comicità e impegno sociale.

Nel corso della sua carriera, Fo ha sviluppato uno stile unico che ha rivoluzionato il panorama teatrale italiano e internazionale. La sua comicità graffiante e irriverente non solo intratteneva il pubblico, ma costituiva anche uno strumento di critica sociale e politica. I suoi spettacoli erano carichi di satira e umorismo, ma al contempo affrontavano temi rilevanti come l’ingiustizia, la corruzione e le disuguaglianze.

La sua abilità nel mescolare divertimento e riflessione profonda ha reso il suo teatro coinvolgente e stimolante, catturando l’attenzione degli spettatori e suscitando dibattiti su questioni cruciali della società.

Il suo teatro è stato un fiume in piena di creatività, un teatro profondamente impegnato, spesso polemico, sempre pronto a sfidare le convenzioni e le istituzioni attraverso la satira e la parodia. Autore, regista e attore, Fo ha rivoluzionato la scena teatrale con la sua capacità di fondere la tradizione popolare, in particolare quella della giullareria medievale, con temi fortemente politici e sociali.

Una delle caratteristiche salienti del suo teatro è la centralità del linguaggio. Fo ha saputo utilizzare la lingua come strumento di critica e denuncia, manipolando le parole, deformandole e ricreandole in una continua e caotica danza di significati. Questa sperimentazione linguistica ha avuto il suo apice in opere come “Mistero Buffo”, un “giullare” popolare in cui Fo reinterpreta, con audacia e originalità, episodi e personaggi biblici attraverso l’ottica del giullare medievale, un vero e proprio portavoce del popolo.

Il teatro di Fo non si è mai discostato dall’attualità: ha affrontato temi come la corruzione, la burocrazia, la violenza politica e la repressione. Opere come “Morte accidentale di un anarchico” e “Non si paga! Non si paga!” sono diventate icone del teatro di impegno, mescolando umorismo, critica sociale e un profondo senso di giustizia. Insieme alla compagna Franca Rame, Fo ha anche affrontato temi legati al femminismo e alla condizione della donna nella società.

Nel complesso, il teatro di Dario Fo rappresenta un unicum nel panorama culturale italiano. La sua capacità di coniugare l’arte con l’azione politica, di utilizzare la scena come palcoscenico per la denuncia e la riflessione, ha reso il suo teatro non solo un’esperienza artistica, ma anche un vero e proprio strumento di cambiamento sociale. Attraverso la risata e la provocazione, Fo ha invitato il pubblico a guardare la realtà con occhi critici, stimolando una continua riflessione sul mondo che ci circonda.

“Mistero Buffo” di Dario Fo

Mistero Buffo nasce come spettacolo aperto, da rielaborare e aggiornare di volta in volta, con improvvisazioni dal vivo. Ad eccezione di alcune parti recitate da Franca Rame, Fo è l’unico interprete sulla scena; seduto su una sedia, ricopre il ruolo di vari personaggi, modificando espressione e tono di voce.

L’argomento trattato? Episodi della vita di Cristo, descritti non soltanto nelle Sacre Scritture, ma anche nei Vangeli apocrifi e in fonti non ufficiali. E qual è la connessione tra un’opera teatrale di argomento religioso e l’aggettivo “buffo”? Sin dal titolo si dichiara il carattere grottesco dello spettacolo.

Fo si cala nei panni di un uomo comune di duemila anni fa e immagina come avrebbe potuto reagire di fronte ai fatti di cui Cristo è stato protagonista. Il giullare-Fo rielabora la narrazione evangelica non dal punto di vista della storiografia ufficiale, ma di quello del popolo basso e incolto. Questo è il motivo che lo spinge a ideare una nuova lingua: il Grammelot, presentandolo al pubblico come una lingua popolare padana. Accompagnato dalla gestualità e dalla mimica di Fo, il Grammelot risulta fortemente espressivo.

Di fronte alla notizia della morte di Lazzaro, dopo essersi sistemato il cerchietto, Gesù decide di far contenta sua madre e acconsente a compiere il miracolo. Il rito religioso cede il posto allo spettacolo mondano: nel racconto di Fo non è Cristo, però, a banalizzare l’evento, ma i presenti, che, seppur vissuti duemila anni prima di noi, si comportano come se fossero a un concerto, a una rissa fuori da un pub o di fronte a uno spettacolo del circo. Gente che spinge, che affitta sedie per permettere alla platea di godersi lo spettacolo, chi sul momento improvvisa un chiosco street food e, per intrattenere i presenti, vende pesce fritto; chi, maniaco delle scommesse, ne approfitta per puntare tutto sulla non riuscita dell’”esperimento”.

Una scelta dibattuta: la vittoria del Premio Nobel di Dario Fo

Per Fo la vita assume tratti assurdi, come le sue opere artistiche: nel 1997 scopre di aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura mentre viaggia in automobile con Ambra Angiolini per girare una puntata di Milano/Roma, un programma di interviste registrate in macchina sull’autostrada che collega le due città. A comunicargli la notizia è una macchina a fianco, che gli si accosta mostrando il cartello “Hai vinto il Nobel”.

Il premio non era tuttavia da intendersi come un riconoscimento alla scrittura, nel senso più profondo del termine, di Fo, quanto piuttosto come la volontà di riconoscere autorità e dignità alla parola recitata, di cui il commediografo rappresentava il più nobile interprete. Questa interpretazione non ha tuttavia fatto desistere l’opinione pubblica dal rivolgere critiche alla scelta dell’Accademia svedese.

Se da un lato Umberto Eco si è dichiarato contento che fosse stato premiato un autore esterno al mondo accademico tradizionale, dall’altro tuttavia molti letterati non approvarono la nomina, incapaci di vedere il collegamento tra un attore e il Premio Nobel per la Letteratura.

Mappa mentale di Dario Fo: vita e opere

Le commedie che Dario Fo produce tra il 1959 e il 1961 presentano la struttura della farsa, genere teatrale basato su personaggi e situazioni stravaganti. Particolare è anche la scelta, databile a fine anni Sessanta, di rifuggire i classici teatri borghesi, recitando in luoghi alternativi quali piazze, fabbriche e case popolari. Questo dice molto del pubblico a cui voleva rivolgersi.

La realizzazione della sua opera più famosa avviene nel 1969: Mistero Buffo, in occasione del quale inventa il Grammelot, una lingua che costituisce un mix tra dialetto padano, neologismi, linguaggio antico e medioevale. Il Grammelot è fatto principalmente di onomatopee e parole prive di significato che riecheggiano ritmo e intonazione di linguaggi esistenti.

L’impegno di Fo non si esaurisce però nella sola produzione artistica: negli anni Settanta e Ottanta è impegnato nell’attivismo politico di sinistra, che tuttavia pagherà caro. Nel 1973 Franca Rame viene rapita da un gruppo di estrema destra, dal quale subisce ogni forma di violenza, come vendetta all’impegno in politica del marito.

Morte accidentale di un anarchico, messa in scena per la prima volta nel 1970 a Varese, è una delle opere di impegno politico di quel periodo: l’opera, una farsa, trae ispirazione dalla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Il titolo è volutamente ironico perché la tesi dello spettacolo è che Pinelli non sia morto per un incidente, ma sia stato ucciso. Il rischio di subire dei processi a motivo della sua messa in scena è però troppo grande: il commediografo si vede costretto a spostare l’ambientazione dell’opera negli Stati Uniti degli anni Venti, facendo in questo modo riferimento a un altro caso di cronaca, privo di implicazioni.

Il suo interesse e la critica, più o meno velata, che rivolge alla politica italiana rappresenta tuttavia un suo tratto distintivo, che proseguirà anche negli anni Novanta: l’Anomalo Bicefalo, Ubu rois, Ubu bas sono opere satiriche nelle quali giudica apertamente l’operato di Silvio Berlusconi. Per vedere degli stralci della prima citata, clicca qui. Sulla scena Fo interpreta Berlusconi e Franca Rame la sua seconda moglie, l’ex attrice Veronica Lario.

Per stampare la mappa con le informazioni principali sulla vita e le opere di Dario Fo, scarica il pdf in bianco e nero qui:

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