Prerequisiti per affrontare la lezione su Hannah Arendt
Per affrontare la lezione su Hannah Arendt è necessario conoscere:
Quali sono le origini del totalitarismo e in cosa si differenzia dalle dittature del passato? Come è stata possibile una tragedia senza precedenti come la cosiddetta “soluzione finale”? Quale ruolo giocano il conformismo e l’obbedienza cieca alle autorità nello spiegare le atrocità di cui è stato teatro il Novecento? A questi e ad altri inquietanti quesiti Hannah Arendt dedica i suoi sforzi, nel tentativo di penetrare le ragioni di questi fatti e provare a contrastarle.
Hannah Arendt nasce nel 1906 in Germania in una famiglia ebrea. Studia con Husserl, Heidegger e si laurea con Jaspers. Nel 1933 ripara a Parigi, dove nel 1940 viene internata in un campo di prigionia per alcuni mesi e successivamente rilasciata. Si trasferisce a New York, dove insegna all’università.
Muore nel 1975 negli USA.
Per affrontare la lezione su Hannah Arendt è necessario conoscere:
I titoli delle sue opere più famose sono indicatori delle tematiche su cui si concentra la filosofa: Le origini del totalitarismo (1951), Vita activa. La condizione umana (1958) e La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme (1963).
Hannah Arendt è una filosofa che dedica tutta la sua vita alla riflessione sopra temi politico-sociali di indubbia rilevanza: il rapporto tra l’avvento delle società di massa e l’insorgenza dei totalitarismi, tra terrore e ideologia, tra il capo e il popolo che lo adora e segue ciecamente.
Per approfondire guarda: Vita activa di Hannah Arendt.
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E il fascismo? Hannah Arendt non lo annovera tra i regimi totalitari, bensì tra i sistemi autoritari, trattandosi di una dittatura di stampo nazionalista. Le differenze? A suo dire:
Mentre nel 1960 viene celebrato a Gerusalemme il processo contro Adolf Eichmann, responsabile dell’organizzazione e della gestione della cosiddetta “soluzione finale”, nel 1961 negli Usa lo psicologo Milgram conduce un esperimento scientifico volto a dimostrare un tipo di conformismo molto pericoloso: quello nei confronti dell’autorità. I risultati dell’esperimento confermano la fondatezza della tesi sostenuta da Hannah Arendt: Adolf Eichmann è un individuo ordinario e non un mostro; tuttavia, rinunciando alla propria razionalità e pensiero critico, si è reso colpevole di crimini efferati nascondendosi dietro alla linea di difesa dell’obbedienza agli ordini ricevuti dai superiori.
E proprio l’ordinarietà di Eichmann spiega il titolo dell’opera: La banalità del male; questa forma di male non è stata eseguita da mostri, da malvagi - coloro i quali l’hanno ideata - ma da uomini banali, di basso profilo e incapaci di ragionare. A organizzare lo sterminio degli ebrei è stata una macchina burocratica priva di senso morale, di bene e male.
Per saperne di più guarda: L'esperimento Milgram e l'obbedienza all'autorità
Nonostante le conclusioni spesso pessimistiche, nella sua ultima opera (inconclusa) la filosofa apre a una possibile via di scampo da quello che pare un ineludibile futuro dominato dal conformismo di massa: l’uso libero e critico della propria mente, che ricorda da vicino la conclusione di Vita activa, in cui sottolineava in tal senso l’importanza di dimensioni emancipatrici quali l’arte, la cultura e la ricerca scientifica.
“Il vero orrore dei campi di concentramento e di stermino sta nel fatto che gli internati […] sono tagliati fuori dal mondo dei vivi più efficacemente che se fossero morti, perché il terrore impone l’oblio”.
Le origini del totalitarismo, 1958.
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