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Il Risorgimento e l'unità d'Italia: storia e riassunto

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Il Risorgimento, quel periodo storico turbolento che ha segnato la nascita dell’Italia come nazione unita, rimane uno degli argomenti più affascinanti e dibattuti della storia italiana. Questa grande rivoluzione nazionale non fu soltanto un processo politico o militare, ma anche culturale e sociale, una reazione all’oppressione straniera e alla frammentazione territoriale che aveva caratterizzato la penisola per secoli.

Da semplici idee di riforma a sogni di libertà e unificazione, il Risorgimento si sviluppò attraverso decenni di complotti, rivolte, guerre e sacrifici, culminando nell’Unità d’Italia nel 1861. Ma come ha avuto inizio questa straordinaria epopea? Lo scopriremo insieme oggi!

Il Congresso di Vienna: l’inizio del Risorgimento

All’indomani della caduta di Napoleone Bonaparte nel 1815, le principali potenze europee si riunirono a Vienna con l’obiettivo di ridisegnare la mappa del continente, cercando di ripristinare l’equilibrio di potere e prevenire future rivoluzioni. L’Italia, che aveva vissuto un breve periodo di unità sotto la dominazione napoleonica, divenne oggetto di una serie di negoziati che vedevano le grandi potenze europee – in particolare Austria, Russia, Prussia e Regno Unito – decidere il suo destino.

Il risultato fu un ritorno alla frammentazione: la penisola fu divisa in una serie di stati sovrani, molti dei quali sotto influenza o diretto controllo austriaco. In particolare:

  • La Lombardia e il Veneto furono assegnate all’Austria;
  • il Regno di Sardegna, il Regno delle Due Sicilie, gli Stati Pontifici e altri piccoli ducati tornarono sotto il controllo di dinastie pre-napoleoniche.

Questo restauro delle condizioni originarie, precedenti alla dominazione napoleonica, venne percepito da molti italiani come un’umiliazione, un ritorno al passato che negava le aspirazioni nazionali e liberali scaturite durante l’epoca napoleonica.

La frustrazione e il malcontento, combinati con l’influenza delle idee illuministe e rivoluzionarie, fecero del Congresso di Vienna il catalizzatore involontario per l’inizio del Risorgimento. In questo contesto, sorsero figure come Giuseppe Mazzini, che fondò la Giovine Italia con l’obiettivo di unificare la penisola sotto una repubblica democratica. La reazione conservatrice e oppressiva delle potenze europee, specialmente dell’Austria, fece sì che molti italiani vedessero nell’unità e nell’indipendenza l’unica soluzione ai problemi della penisola.

I moti insurrezionali del 1800

Il XIX secolo fu un periodo di profonde turbolenze in Italia, segnato da una serie di insurrezioni e rivolte che riflettevano il crescente malcontento popolare e il desiderio di indipendenza e unità nazionale. Mentre il Congresso di Vienna aveva cercato di restaurare l’ordine antecedente le guerre napoleoniche, la realtà in Italia era ben diversa da quella immaginata dai potenti europei.

Nel 1820-21, moti liberali scoppiarono nel Regno delle Due Sicilie e nel Regno di Sardegna. A Napoli, le rivolte furono innescate dalla frustrazione verso il governo borbonico e dalla volontà di instaurare una costituzione. Anche se inizialmente il re Ferdinando I promise riforme, presto chiese l’aiuto dell’Austria, che prontamente intervenne per reprimere l’insurrezione. Analogamente, nel Regno di Sardegna, i rivoluzionari cercarono di imporre una costituzione sul modello spagnolo, ma anche qui l’intervento austriaco mise fine alle aspirazioni liberali.

Il 1831 vide una nuova ondata di rivolte, in particolare negli Stati Pontifici e in altre regioni dell’Italia centrale. Questi moti furono influenzati dalle idee mazziniane e dalla visione di una repubblica unitaria italiana. Tuttavia, la mancanza di un coordinamento efficace e l’intervento delle truppe austriache, invocate dal Papa, soffocarono anche queste insurrezioni.

Giuseppe Mazzini e la fondazione della Giovine Italia

Giuseppe Mazzini, spesso descritto come il “profeta del Risorgimento”, fu una delle figure più influenti nel panorama politico italiano del XIX secolo. Nato a Genova nel 1805, fin dalla sua giovinezza Mazzini dimostrò una fervente passione per il patriottismo e una profonda avversione per la frammentazione politica e l’oppressione straniera che caratterizzavano l’Italia dell’epoca. Questa passione lo avrebbe guidato per tutta la sua vita, portandolo a diventare uno dei principali architetti del movimento per l’unità italiana.

Nel 1831, in risposta alla repressione delle rivolte liberali in Italia e alla crescente ingerenza austriaca, Mazzini fondò la “Giovine Italia”. Questa organizzazione segreta aveva l’obiettivo di promuovere l’unità, l’indipendenza e la repubblica in Italia attraverso un’insurrezione popolare. La Giovine Italia si basava su principi democratici e repubblicani, sottolineando l’importanza dell’educazione e dell’azione come mezzi per raggiungere la trasformazione sociale e politica. Con il suo motto “Dio e Popolo”, Mazzini enfatizzava la connessione tra la spiritualità e il nazionalismo, promuovendo una visione in cui l’Italia avrebbe potuto giocare un ruolo di guida morale e culturale in Europa.

Mazzini considerava la Giovine Italia non solo come un movimento per l’indipendenza italiana, ma anche come parte di un movimento più ampio per la libertà e l’unità nazionale in tutta Europa. Credeva fermamente che la causa italiana fosse legata a quella di altre nazioni europee, motivo per cui fondò anche organizzazioni come la “Giovine Europa”, sperando di unire i popoli d’Europa in una comune lotta per la libertà.

Tuttavia, nonostante l’entusiasmo e la determinazione di Mazzini, la Giovine Italia incontrò numerosi ostacoli. Molti tentativi di insurrezione furono rapidamente repressi, e Mazzini stesso fu costretto a trascorrere gran parte della sua vita in esilio. Nonostante ciò, le sue idee e la sua visione continuavano a ispirare innumerevoli patrioti italiani, tra cui molti dei principali attori del Risorgimento come Garibaldi.

Mazzini non visse abbastanza per vedere l’unità completa dell’Italia, ma il suo impatto sul movimento risorgimentale è innegabile. La sua visione di un’Italia unita, libera e repubblicana ha gettato le basi per l’emergente identità nazionale italiana, e la Giovine Italia rimane uno dei simboli più potenti dell’aspirazione all’unità e alla libertà del popolo italiano.

La prima guerra d’indipendenza italiana e i moti insurrezionali del ’48

La prima guerra d’indipendenza italiana, svoltasi tra il 1848 e il 1849, rappresenta uno degli episodi cardine nella lotta per l’unità nazionale italiana. Scaturì da un insieme di tensioni latenti, alimentate dal desiderio di liberare i territori italiani dal dominio austriaco e dalla crescente aspirazione ad un’Italia unificata e indipendente. Il 1848, inoltre, fu un anno di sconvolgimenti in tutta Europa, con rivolte e insurrezioni che scoppiarono in molte nazioni, compresa l’Italia, affermando ideali liberali e nazionalistici.

La scintilla che innescò la guerra fu l’insurrezione a Milano, nota come “Cinque Giornate”, avvenuta nel marzo 1848. Questa rivolta, scaturita dalla ferma opposizione al dominio austriaco, costrinse le truppe austriache del Maresciallo Radetzky a ritirarsi dalla città. Stimolati da questo successo, molti stati italiani, incluso il Regno di Sardegna guidato dal Re Carlo Alberto, decisero di dichiarare guerra all’Austria.

Tuttavia, nonostante l’entusiasmo iniziale, la guerra non si rivelò favorevole per gli italiani. Le truppe sabaude, dopo alcune vittorie iniziali, subirono pesanti sconfitte, soprattutto nella sanguinosa battaglia di Custoza e la guerra culminò con l’Armistizio di Salasco, che segnò una pesante sconfitta per il movimento risorgimentale italiano.

Parallelamente alla guerra, il 1848 vide una serie di moti insurrezionali in varie parti d’Italia. Dalla Sicilia a Venezia, molti territori videro rivolte e proclamazioni di repubbliche indipendenti. La più celebre di queste fu la Repubblica Romana del 1849, sostenuta da figure di spicco come Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, che cercarono di instaurare un governo repubblicano nella città eterna. Questa esperienza, tuttavia, ebbe vita breve, terminando con l’intervento delle truppe francesi che ristabilirono il potere temporale del Papa.

L’entrata in politica di Camillo Benso Conte di Cavour

Camillo Benso, Conte di Cavour, è una delle figure più emblematiche e influenti del Risorgimento italiano. Di origini aristocratiche e nato a Torino nel 1810, Cavour intraprese inizialmente una carriera militare e diplomatica. Tuttavia, fu il suo viaggio in Inghilterra e Francia durante la sua giovinezza che plasmò in lui una visione moderna e progressista dell’Europa. Entrando in contatto con le idee liberali e le innovazioni industriali di quei paesi, Cavour divenne un convinto sostenitore del liberalismo economico e della necessità di modernizzare il Piemonte e, per estensione, l’Italia.

La sua entrata in politica avvenne negli anni ’40 del XIX secolo, in un periodo di fermento e cambiamento in tutta Europa. Nel 1848, venne eletto alla Camera dei Deputati del Regno di Sardegna. Contrariamente a molti patrioti dell’epoca, Cavour non era un fervente nazionalista o repubblicano; piuttosto, credeva nella monarchia costituzionale come modello di governo e vedeva nel Piemonte la guida naturale per un’Italia unita.

Divenuto primo ministro del Regno di Sardegna nel 1852, Cavour intraprese una serie di riforme interne, puntando sull’espansione delle infrastrutture, sulla modernizzazione agricola e sull’industrializzazione. Dal punto di vista estero, invece, fu abile nel tessere relazioni diplomatiche, soprattutto con la Francia di Napoleone III, al fine di isolare l’Austria, principale avversario dell’unità italiana.

Le idee di Cavour erano pragmatiche: vedeva l’indipendenza e l’unità italiana come frutto non solo di rivolte popolari, ma soprattutto di manovre diplomatiche e alleanze strategiche. Fu questo pragmatismo, combinato con una visione chiara di un’Italia moderna e progressista, a fare di Cavour uno dei principali architetti dell’Unità d’Italia. Il suo motto “libera Chiesa in libero Stato” rappresentava la sua visione di un rapporto equilibrato tra lo Stato e la Chiesa, ponendo le basi per la futura relazione tra la nascente nazione italiana e il Papato.

La seconda e la terza guerra d’indipendenza italiana

La storia dell’unità italiana non sarebbe completa senza menzionare le cruciali fasi della seconda e terza guerra d’indipendenza, eventi cardine nel processo di liberazione del territorio italiano dal dominio austriaco.

La seconda guerra d’indipendenza ebbe inizio nel 1859, in seguito a un’astuta alleanza tra il Regno di Sardegna, guidato da Cavour, e l’Impero Francese di Napoleone III. L’obiettivo principale era espellere gli austriaci dalla Lombardia. Le ostilità iniziarono con la vittoria di Magenta, seguita dalla celebre Battaglia di Solferino e San Martino, dove le truppe franco-piemontesi sconfissero l’esercito austriaco. Tuttavia, nonostante le vittorie sul campo, la pace di Villafranca firmata tra Napoleone III e l’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria portò a un esito solo parzialmente favorevole: la Lombardia fu ceduta al Piemonte, ma Venezia rimase sotto il dominio austriaco. La pace suscitò molte polemiche, con accuse di tradimento nei confronti di Napoleone III, ma preparò comunque il terreno per le successive fasi del Risorgimento.

La terza guerra d’indipendenza si svolse nel 1866 e vide il Regno d’Italia, ormai proclamato da cinque anni, alleato con la Prussia contro l’Impero Austriaco. Sebbene l’esito delle battaglie fosse ambiguo, con una sconfitta italiana a Custoza e una vittoria navale austriaca a Lissa, la guerra si rivelò decisiva a livello diplomatico. Infatti, la vittoria prussiana nella guerra austro-prussiana costrinse l’Austria a cedere il Veneto all’Italia. La città di Venezia, simbolo di resistenza e desiderio di libertà, fu finalmente annessa al Regno d’Italia, completando una fase fondamentale dell’unificazione nazionale.

In entrambe le guerre, si può notare come la diplomazia e le alleanze furono spesso tanto o più decisive delle vittorie militari sul campo. La tenacia e la visione strategica dei leader italiani, combinata con le opportunità offerte dal contesto geopolitico europeo, furono fondamentali nel plasmare l’Italia come una nazione unita e indipendente.

Roma capitale e il raggiungimento dell’Unità d’Italia

L’ultimo tassello nel lungo e complesso mosaico del Risorgimento italiano fu la liberazione di Roma e l’annessione del Lazio, che permisero di consolidare l’Unità d’Italia. Per anni, il Papato, sostenuto dalla protezione militare francese, aveva resistito alle aspirazioni italiane, mantenendo Roma come un bastione dello Stato Pontificio. La situazione cambiò con l’insorgere della Guerra Franco-Prussiana nel 1870. Napoleone III, trovandosi a fronteggiare la potente macchina militare prussiana, fu costretto a ritirare le truppe francesi da Roma.

Il governo italiano colse l’opportunità. Il 20 settembre 1870, dopo un breve assedio, le truppe italiane entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia, ponendo fine al potere temporale dei papi che durava da oltre mille anni. Roma e il Lazio furono annessi al Regno d’Italia e questo evento, profondamente simbolico, segnò il culmine del processo di unificazione nazionale.

La decisione di fare di Roma la nuova capitale dell’Italia unita fu intrisa di significato. Anziché Torino o Firenze, città che avevano ospitato la capitale in fasi precedenti del Risorgimento, si scelse la città eterna, cuore storico, culturale e spirituale della penisola, legando così l’identità della nazione appena nata alle sue antiche radici romane. Sebbene la scelta non fosse priva di controversie, poiché implicava una delicata negoziazione con la Chiesa e la gestione del “problema romano”, essa rappresentò un forte messaggio di continuità con il glorioso passato dell’Italia.

Con l’annessione di Roma e la proclamazione della città come capitale, l’Unità d’Italia fu finalmente completata. Le diverse regioni, culture e popolazioni della penisola erano ora unite sotto un’unica bandiera e un’unica nazione, segnando l’inizio di una nuova era nella storia italiana, ricca di sfide ma anche di immense potenzialità.

Il Risorgimento e e l’unità d’Italia: video della mappa mentale

Ripassa gli avvenimenti principali del Risorgimento, che hanno portato all’unità d’Italia, guardando il video con la mappa mentale narrata.

Mappa mentale su Risorgimento e unità d’Italia

Il Risorgimento è un processo storico, culturale, politico, sociale, militare e ideologico molto complesso che inizia con il Congresso di Vienna e il tentativo di Restaurazione dell’ancien régime dopo lo sconvolgimento dell’epoca napoleonica e si conclude con la proclamazione dell’unità d’Italia e la successiva proclamazione di Roma capitale.

L’importanza storica, culturale, politica e antropologica di tale avvenimento è molto elevata in quanto la liberazione e unificazione d’Italia, insieme a quella tedesca, già da decenni era causa di moti libertari e di emancipazione capaci di infiammare le popolazioni europee e, pertanto, manteneva l’Europa tutta in una condizione di precarietà e sospensione, con il rischio sempre attuale di rivolte capaci di mettere in discussione l’ordine costituito.

Per stampare la mappa con le date e gli avvenimenti fondamentali del Risorgimento, scarica il pdf in bianco e nero qui:

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