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L'Inquisizione: il processo contro Bruno e Galileo

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Il processo dell’Inquisizione contro Giordano Bruno e Galileo Galilei si inserisce in un contesto di scontro tra la visione teocentrica dell’universo, sostenuta dalla Chiesa cattolica, e la nuova visione scientifica che iniziava a prendere piede in Europa durante il Rinascimento. Questi due processi rappresentano momenti chiave nella storia del pensiero occidentale, evidenziando il conflitto tra la libertà di indagine intellettuale e le dottrine stabilite.

Giordano Bruno, filosofo, monaco domenicano e cosmologo, fu un pensatore audace che sfidò molte delle concezioni accettate nel suo tempo. Le sue idee sull’infinità dell’universo e sulla pluralità dei mondi, così come le sue critiche alle dottrine religiose ortodosse, lo portarono in conflitto con le autorità ecclesiastiche. Dopo anni di viaggi attraverso l’Europa, durante i quali continuò a diffondere le sue teorie, Bruno fu arrestato dall’Inquisizione romana. Il processo che ne seguì si concentrò sulle sue idee teologiche e cosmologiche, che erano viste come eretiche e pericolose per la struttura della fede cattolica. Dopo un lungo processo, Bruno fu condannato come eretico e arso al rogo nel 1600, diventando un martire per la causa della libertà di pensiero.

Quasi un secolo dopo, Galileo Galilei, astronomo, fisico e ingegnere, si trovò anch’egli al centro di un processo inquisitorio. Galileo, attraverso l’uso del telescopio, aveva raccolto prove a sostegno della teoria eliocentrica di Copernico, che poneva il Sole al centro del sistema solare, contrariamente all’insegnamento della Chiesa che sosteneva il geocentrismo. Nonostante inizialmente avesse goduto di una certa tolleranza, la pubblicazione del suo “Dialogo sui due massimi sistemi del mondo” nel 1632 provocò la reazione delle autorità ecclesiastiche. Galileo fu chiamato a Roma e messo sotto processo dall’Inquisizione. Nel 1633 fu costretto ad abiurare le sue teorie e passò gli ultimi anni della sua vita agli arresti domiciliari.

Questi processi sono emblematici della tensione tra la scienza e la religione, tra la nuova metodologia basata sull’osservazione e l’esperimento e le antiche dottrine basate sulla fede e sull’autorità. Essi rappresentano non solo la lotta di individui contro il dogmatismo, ma anche il doloroso parto di una nuova epoca in cui la scienza avrebbe iniziato a cambiare il modo in cui l’umanità comprende se stessa e l’universo.

Il processo dell’Inquisizione contro Giordano Bruno: cause e riassunto

Il processo dell’Inquisizione contro Giordano Bruno fu uno dei più noti e tragici confronti tra la libera indagine intellettuale e l’ortodossia religiosa. Giordano Bruno, dopo aver trascorso anni a viaggiare in Europa dove diffondeva le sue idee filosofiche e cosmologiche, fece ritorno a Venezia nel 1591. Le sue concezioni dell’universo come infinito e la negazione di dottrine centrali della Chiesa cattolica, tra cui la divinità di Cristo e la verginità di Maria, erano viste come radicali e pericolosamente eretiche.

Nel 1592, Bruno fu arrestato a Venezia. L’accusa era basata sulle sue opere e sulle idee che aveva diffuso durante le sue lezioni, che includevano la negazione dei dogmi cattolici e la promozione di una religiosità panteistica. A seguito del suo arresto, Bruno fu processato dall’Inquisizione veneziana. Le autorità ecclesiastiche esaminarono le sue opere e le testimonianze di coloro che avevano assistito alle sue lezioni.

Nel 1593, l’Inquisizione romana richiese l’estradizione di Bruno, che fu trasferito a Roma per un processo più ampio che indagasse l’intero corpus delle sue opere e delle sue idee. Bruno passò sette anni nelle carceri dell’Inquisizione, durante i quali si tennero numerose udienze. Nonostante le pressioni, Bruno si rifiutò di ritrattare pienamente le sue idee, pur mostrando qualche segno di compromesso.

Infine, il 17 febbraio 1600, Giordano Bruno fu condannato come eretico impenitente e ostinato. La sentenza fu la condanna a morte sul rogo, la più grave punizione dell’epoca per l’eresia. La sua esecuzione fu eseguita in Campo de’ Fiori a Roma, dove Bruno fu bruciato vivo. La sua morte divenne un simbolo della lotta per la libertà di pensiero e il diritto alla libera espressione delle proprie idee. Bruno, con il suo processo e la sua morte, incarnò il conflitto tra antiche certezze e nuove indagini in un’epoca di grandi cambiamenti culturali e scientifici.

Questa è la frase che Giordano Bruno avrebbe pronunciato di fronte a colui che veniva a comunicargli la sentenza di morte. Non possiamo sapere se sia andata veramente così, né se siano state proprio queste le parole del Nolano, tuttavia una cosa è certa: vero o falso che sia, questo aneddoto rende benissimo la forza d’animo e la risolutezza del filosofo Giordano Bruno, capace di restare fedele a se stesso e di tenere fede alle proprie convinzioni fino ad affrontarne le estreme conseguenze.

Giordano Bruno durante il processo come Socrate

Esattamente duemila anni prima di Giordano Bruno, un altro filosofo è condannato a morte per aver osato pensare diversamente da quanto imposto dal potere costituito. Si tratta di Socrate (470/469 – 399 a. C.) accusato di corrompere i giovani, non credere negli dei tradizionali e introdurre in Atene nuove divinità. Nel corso del processo a Socrate viene proposto non di abiurare, ma di andare in esilio, ma egli rifiuta, sdegnoso. In carcere, il discepolo Critone gli propone allora di evadere, avendo già corrotto le guardie ma, questa volta ricorrendo a ragionamenti filosofici, Socrate persuade l’amico che è meglio per lui andare alla morte anziché macchiarsi di un crimine di fronte alle Leggi della città di Atene. Anche Bruno, come Socrate, suggella quindi la sua esistenza con la morte degna di un grande uomo e un grande filosofo.

Il processo dell’Inquisizione contro Galileo Galilei: cause e riassunto

Il processo dell’Inquisizione contro Galileo Galilei rappresenta uno dei più celebri episodi di conflitto tra la scienza e le autorità ecclesiastiche. Galileo, astronomo, matematico e fisico, divenne un personaggio controverso a seguito della pubblicazione del “Sidereus Nuncius” nel 1610, opera nella quale descriveva le sue osservazioni celesti fatte con il telescopio, inclusa la scoperta delle lune di Giove, che fornivano supporto alla teoria eliocentrica di Copernico.

Nel 1616, la Chiesa cattolica ammonì Galileo, intimandogli di non sostenere né propagandare le idee copernicane, considerate contrarie all’interpretazione letterale delle Scritture. Nonostante ciò, nel 1632, Galileo pubblicò il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo“, un’opera in forma di dialogo che presentava argomentazioni a favore del sistema eliocentrico, contrapponendolo al sistema geocentrico tolemaico, allora accettato dalla Chiesa.

Questo portò all’inizio del processo a Roma il 12 aprile 1633, durante il quale Galileo fu interrogato sull’accusa di eresia per aver difeso e insegnato una teoria che era stata proibita dalla Chiesa. Il processo si concluse il 22 giugno 1633 con l’abiura di Galileo, che fu costretto a ritrattare pubblicamente le sue convinzioni scientifiche sotto minaccia di tortura, e con la sua condanna per eresia.

Dopo la condanna, Galileo fu confinato agli arresti domiciliari nella sua villa di Arcetri, vicino a Firenze, dove trascorse il resto della sua vita. Nonostante l’abiura forzata, si dice che Galileo abbia mormorato la famosa frase “Eppur si muove“, sostenendo la verità del movimento terrestre nonostante la sua ritrattazione ufficiale.

Il processo a Galileo è diventato un simbolo della lotta per la libertà intellettuale e della tensione tra l’evidenza scientifica e l’ortodossia religiosa. La sua vicenda è un esempio emblematico di come le nuove idee scientifiche possano mettere in discussione le convinzioni stabilite e come le autorità possono reagire per mantenere il controllo sulle interpretazioni del mondo e dell’esistenza.

Mappa mentale dell’Inquisizione contro Bruno e Galileo

Ben al riparo delle grinfie del Papa, Bruno girovaga in Europa a partire dal 1578 fino a quando non accetta l’ingannevole invito del nobile veneziano Giovanni Mocenigo, il quale lo sequestra nel 1592 e quindi lo consegna alla Santa Inquisizione romana. Il 17 febbraio del 1600 Giordano Bruno viene arso vivo in Piazza Campo de’ Fiori in Roma.

Galileo, invece, viene ammonito nel 1616 (quando sotto processo sono le idee del già defunto Copernico) e, successivamente, processato nel 1633 per aver difeso il sistema eliocentrico nell’opera Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano (1632). Galileo accetta di abiurare le proprie idee e viene condannato a qualcosa di molto simile agli attuali arresti domiciliari.

Questi due processi sono molto interessanti perché, seppure corretti da un punto di vista formale e giudiziario in riferimento alle pratiche e alle leggi dell’epoca, presentano alcuni aspetti interessanti per noi che viviamo nel terzo millennio. È corretto mettere sotto processo un’idea che non nuoce a nessuno? È giusto che una persona venga condannata a morte perché osa pensare diversamente da tutti gli altri senza che abbia torto un capello a nessuno? Queste e simili sono le domande che oggi ci poniamo nel tentativo di capire se, quanto è capitato a Bruno e Galileo, possa in qualche modo ripetersi anche oggi. Il 31 ottobre 1992 la Chiesa cattolica, dopo una riflessione durata ben 11 anni, decide finalmente di “riabilitare” il grande filosofo, riconoscendo l’errore commesso tre secoli e mezzo prima.

Se vuoi stampare la mappa mentale sui processi della Santa Inquisizione contro Giordano Bruno e Galileo Galilei, scarica il pdf in bianco e nero qui:

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